mercoledì 20 febbraio 2013

La realtà italiana vista dagli occhi di chi si sente straniero in casa propria

Pubblichiamo la testimonianza di una nostra collaboratrice.



"Nascere e crescere in un Paese come l’Italia non significa per forza esserne cittadino. 
Lo si è se almeno uno dei tuoi genitori è italiano. Io ho mia madre italiana, quindi sono italiana. 
Mio padre invece è iraniano ed oltre ad avermi trasmesso tutto il suo bagaglio culturale ed avermi insegnato le sue tradizioni fondendole con quelle di mia madre, mi ha dato anche, come da prassi, il suo cognome. Un cognome straniero. Fin qui tutto normale, senonché io da italiana a volte sono considera una straniera. Forse è il mio cognome che trae in inganno. Sicuramente si. 
Eppure viviamo in un mondo ormai cosmopolita, in un Paese pieno di varie identità culturali. 
E invece c’è ancora un certo provincialismo. Una ragazza dai tratti orientali, dal nome che ricorda le mille e una notte e che parla con un leggera inflessione andriese ed un italiano fluente può in alcuni casi mandare un po’ in confusione le persone.
A sorpresa i più stupiti e confusi possono essere professori univsersitari, che si complimentano del perfetto italiano parlato durante l'esame, e i loro assistenti che prima di iniziare l'esame volgiono accertarsi che l'esaminato dal cognome straniero sia munito di permesso di soggiorno - al che vien da rispondere che se non si supera l'esame con ottimi voti si rischia di essere rispediti nel proprio Paese di origine e per rincarare la dose l'assistente si mobilita con buona volontà per farti superare l'esame. 
Qui scoppierebbe una voluminosa risata, in fin dei conti sono buffe situazioni. E poi perché lamentarsi se sembra andare a mio favore. Il fatto è che queste sono piccolezze, ma se sommate al fatto che il segretario della Ul non vuole vaccinarti perché ti considera clandestina e neanche le urla di tua madre, i certificati di nascita e i documenti di identità riescono a fargli cambiare idea; al professore di religione che ti considera una pecorella smarrita da convertire ad ogni Pasqua; a tutte le altre (non proprio) piccolezze di questo genere, inizi anche tu a sentirti straniera, a pensare che questa forse non è la tua casa, il tuo Paese. 
Perché poi? In fin dei conti sono nata qui, ho studiato qui, sono cresciuta qui ed ho appreso tutte le tradizioni e i costumi italiani. Forse sono iraniana, ma anche nell'altra mia casa sono considerata una straniera, la cugina italiana. Allora mi viene da pensare: va bene, sono una Straniera, una straniera italiana in Italia ed una straniera iraniana in Iran. Anzi, meglio: sono una cittadina italiana ed una cittadina iraniana ovunque, che vive apprendendo due culture anctichissime in un mondo cosmopolita.
Ecco chi sono: sono Shady, una cittadina."

venerdì 25 gennaio 2013

Servizio civile e discriminazione



Il 14 gennaio 2013 il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato un bando straordinario per 350 posti per lo svolgimento del servizio civile nelle zone colpite dal sisma del maggio 2012.
Tra i requisiti imposti dal bando figura la cittadinanza italiana. Tale requisito ha suscitato reazioni negative da parte delle associazioni italiane attive nel campo della discriminazione, considerandolo “illegittimo e discriminatorio” (ASGI).  In effetti, nel dicembre 2012 la Corte d’appello di Milano aveva emesso una sentenza, nella quale aveva dichiarato illegittimo e discriminatorio il requisito della cittadinanza italiana, affermando che il decreto legislativo 77/2002 invocato dal Ministero non poteva considerarsi una norme di esclusione degli stranieri.
Alcune associazioni hanno già sollecitato il Ministero a modificare il bando ed hanno invitato gli enti coinvolti ad accogliere anche le domande di cittadini stranieri.

Per approfondire si veda il sito dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione: 
http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2566&l=it

Per leggere il testo del bando: 
http://www.asgi.it/public/parser_download/save/bando_servizio_civile_2013.pdf

mercoledì 28 novembre 2012

FRA pubblica due Rapporti sui crimini di incitamento all'odio e discriminazione in Europa

La FRA (Agency for Fundamental Rights dell'Unione Europea), ha pubblicato il 27 novembre due Rapporti sullo stato dell' "hate crime" in Europa, sottolineando che i crimini di incitamento all'odio e le violenze motivate da xenofobia, intolleranza religiosa, razziale o di genere sono ancora un fenomeno crescente in Europa, così come dimostrano i dati presentati nei due studi. Tali crimini non solo danneggiano le vittime, ma ledono anche i diritti fondamentali e la dignità umana.
L'Agenzia riporta che le vittime di tali crimini sono spesso incapaci o riluttanti a denunciare i colpevoli e che molti crimini rimangono non segnalati e non denunciati.
L'Unione Europea e i suoi Stati Membri non possono tralasciare i loro obblighi riguardo alla protezione delle vittime di tali violenze e dovrebbero combattere i crimini di incitamento all'odio, tenendo in considerazione le relative violazioni dei diritti fondamentali. Ciò comporta l'incoraggiamento a testimoniare e riportare i crimini e le violenze motivate da odio, facendo accrescere la fiducia nel sistema di giustizia criminale che si dovrebbe occupare del perseguimento di tali crimini con prontezza ed efficacia.  

Per consultare i rapporti in inglese:
http://fra.europa.eu/sites/default/files/fra-2012_hate-crime.pdf
http://fra.europa.eu/sites/default/files/fra-2012-eu-midis-dif6_0.pdf

giovedì 8 novembre 2012

Conclusioni e Raccomandazioni a seguito del meeting di Rabat sulla libertà d'espressione e il divieto di incitamento all'odio nazionale, razziale o religioso

Il 5 ottobre 2012 si è tenuto a Rabat (Marocco) un incontro di esperti internazionali sul tema della libertà di espressione e il divieto di incitamento all'odio nazionale, razziale o religioso. Il meeting si è svolto nell'ambito di un ciclo di incontri regionali sul tema, organizzato dall'Ufficio per i  Diritti Umani delle Nazioni Unite, tenutisi nel corso del 2011 in Europa (Vienna), Africa (Nairobi), Asia e Pacifico (Bangkok) e America (Santiago del Cile).
Gli esperti hanno preso in analisi cosa costituisce "incitamento" alla discriminazione, ostilità o violenza su base nazionale, razziale o religiosa così come stabilito dalle leggi internazionali sui diritti umani e hanno considerato misure per prevenire e combattere l'incitamento in modo adeguato assicurando il rispetto della libertà d'espressione.
Il piano d'azione adottato dagli esperti durante l'incontro contiene raccomandazioni e conclusioni volte a guidare i soggetti interessati, nella messa in atto della legislazione internazionale che vieta l'incitamento all'odio nazionale, razziale e religioso.
L'Alto Commissario Aggiunto per i Diritti Umani Kyung-wha Kang, ha commentato che le restrizioni alla libertà di espressione devono essere formulate
"in una maniera che mette in chiaro che il solo scopo di tali restrizioni è quello di proteggere gli individui che seguono una determinata fede o credo, di natura religiosa e non, dall'ostilità, dalla discriminazione e dalla violenza, e non di proteggere i sistemi religiosi, e le istituzioni dalle critiche rivolte contro di esse".
Nel suo discorso la Kang ha riaffermato che la libertà di espressione e la libertà religiosa non sono due principi contraddittori. Al contrario questi due diritti sono dipendenti l'uno dall'altro e si rinforzano a vicenda. Infatti la libertà di religione non può esistere se la libertà di espressione non viene rispettata.
Secondo la Kang, e gli esperti internazionali, le leggi sulla blasfemia, giudicate contro-produttive a livello nazionale, dovrebbero essere revocate, poiché rischiano di giustificare episodi di censura contro le critiche rivolte alle religioni , contro il dialogo e i dibattiti tra religioni che sono invece costruttivi, salutari e necessari.

Per leggere l'intero documento in inglese:
http://www.ohchr.org/Documents/Issues/Opinion/SeminarRabat/Rabat_draft_outcome.pdf





venerdì 2 novembre 2012

Call for submission: Report on discrimination against women in nationality-related matters, including the impact on children

L'Office of the High Commissioner for Human Rights richiede la sottomissione di informazioni da parte dell'Office for the High Commissioner for Refugees, del Working Group sulle discriminazioni contro le donne, degli Stati e degli altri soggetti interessati, per preparare un rapporto sulla discriminazione contro le donne in relazione a questioni di nazionalità, incluso l'impatto sui bambini, a livello nazionale e internazionale, evidenziando le best practices degli Stati per eliminare la discriminazione contro le donne in questioni di nazionalità e per ridurre l'apolidia.
Le informazioni possono essere inviate al seguente indirizzo: Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (United Nations Office a Ginevra, CH 1211 Geneva 10; fax: (+41 22) 9179008: e-mail: registry@ohchr.org) entro il 30 Novembre 2012, con una copia a Elena Garrido Romero (egarridoromero@ohchr.org).

Per maggiori informazioni:
https://docs.google.com/file/d/0B6XUJ0SW4C68dk9KeDJwMnhEeXc/edit?pli=1